Da “fabbrica di spirito” a “fabbrica per la cultura”
L’industria della distillazione a San Cesario di Lecce
Nell’ultimo quarto dell’Ottocento San Cesario di Lecce era un piccolo Comune di 4300 abitanti. Le attività produttive più diffuse riguardavano la molitura del grano e delle olive (due mulini a vapore, uno “a sangue” e cinque frantoi). Negli stessi anni il Salento cominciava a risentire della crisi del settore oleario e granario e a convertire molte terre alla coltura della vite. Parallelamente sorgevano i primi stabilimenti vinicoli e una modesta attività di distillazione.
La storia della distillazione a San Cesario di Lecce ha inizio con Carmine De Bonis, proprietario di un mulino a vapore; egli, probabilmente comprese la buona opportunità che poteva sfruttare affiancando la distillazione alla sua attività principale di mugnaio. La sua scelta fu di certo quella di investire nella nuova attività, che aveva avviato non tanto potenziandola quanto insegnando la tecnica dell’arte distillatoria ai suoi parenti più stretti. Infatti, lavorarono con lui Vito De Giorgi con il figlio Nicola, Pietro Pistilli e i nipoti Carmelo, Francesco e Luigi. Vito aveva sposato una figlia di Carmine, Addolorata; Pietro la figlia Marianna.
I nipoti, perso prematuramente il padre Giovanni, ebbero in dono dal nonno anche l’edificio (in via V. Emanuele III°) che adattarono a distilleria agli inizi del Novecento. Vito e Nicola De Giorgi decisero di mettersi in proprio a distillare, acquistando un caseggiato e dei terreni, dove poi tra il 1917 e il 1920 crearono un vero e proprio stabilimento industriale. Pietro Pistilli invece, forse cresciuto nella casa di De Bonis in quanto garzone del mugnaio e poi divenuto anche suo genero, continuò a lavorare con il suocero nell’opificio di via Umberto I°. Le prime distillerie di San Cesario di Lecce erano di modeste dimensioni, probabilmente dotate di un semplice alambicco “a fuoco diretto”. Nel 1910 erano tre: quella gestita insieme da Carmine De Bonis e da Pietro Pistilli, quella di Nicola De Giorgi e quella di Luigi Laudisa, in via Inshaò.
Pietro Pistilli, divenuto proprietario sia del mulino che della distilleria del suocero nel 1912, prova anche ad investire nella vinificazione; così anche Nicola De Giorgi. Solo negli anni venti, forse dopo che i parenti di De Bonis avevano acquisito una certa esperienza nel settore e avevano anche guadagnato sufficientemente con l’attività distillatoria, decidono di investire trasformando le loro distillerie in veri e propri stabilimenti industriali. Pietro Pistilli chiude il mulino e lo stabilimento vinicolo e investe esclusivamente nella distillazione. Così anche Nicola De Giorgi. Da distillatori diventano industriali. Mentre l’attività dei fratelli De Bonis cessava nel 1917 a causa di un incidente che causò la morte di Luigi; anche la distilleria Laudisa restò un’attività quasi artigianale (produceva alcol grezzo con alambicco). Mentre, Riccardo Pistilli, figlio di Pietro, realizzava il terzo stabilimento industriale in via Ferrovia.
Infine, la Ditta Cappello inizia la sua attività, come liquorificio, nel 1949 con lo stabilimento ubicato a Lecce. Nel 1963, Mario Cappello insieme al figlio Antonio, costruì l’attuale opificio a San Cesario (strada statale Lecce-Galatina) dove trasferì tutta la produzione di liquori. Tra il 1968 e il 1969 acquistò la distilleria di Carmelo Pistilli; essa produsse alcol, per il liquorificio, sino al 1982 anno in cui i Cappello fecero smontare l’impianto di distillazione e lo trasferirono nell’attuale stabilimento che era già stato ampliato nel 1980. A partire dal 1982 sino al 1994, all’attività produttiva di liquorificio venne affiancata anche quella di distillazione; cessata l’attività di produzioni di alcol, Antonio Cappello continua quella di produrre liquore.
Dall’attività di conoscenza alla patrimonializzazione del sito De Giorgi
La storia dell’impresa De Giorgi, produttrice di alcol e liquori per il mercato provinciale ma nota anche in tutta Italia per il liquore Anisetta, è un caso di studio esemplare dell’imprenditoria di Terra d’Otranto della prima metà del Novecento. Imprenditoria costituita essenzialmente da ditte “a conduzione famigliare”, in cui le sorti dell’attività sono strettamente dipendenti dalle scelte imprenditoriali del capofamiglia e dalla capacità dei figli di assumere a loro volta il controllo dell’azienda.
I De Giorgi diventano distillatori tra la fine dell’Ottocento e i primi lustri del secolo successivo. Il 1906 segna la svolta, probabilmente per le buone possibilità che offre l’abbassamento dei costi di produzione dell’alcol, causato dall’aumento della materia prima e dalla riduzione delle imposte di fabbricazione. Vito e Nicola smettono di lavorare nel mulino di Carmine de Bonis e si dedicano esclusivamente alla produzione in proprio di alcol e liquori. Sin dal 1906 Casa De Giorgi è molto attiva nella pubblicizzazione dei propri prodotti, partecipando a numerose esposizioni. Nel 1915 avviene il passaggio di gestione dell’attività da Vito a Nicola; in questi anni quest’ultimo sceglie di investire non solo nella produzione ma anche nella distribuzione dei propri prodotti e di terzi: la scelta è evidente, visto che nel 1915 Nicola è definito negli atti pubblici «commerciante». Pochi anni dopo Nicola è ormai pronto per divenire un vero e proprio «industriale» e tra il 1917 e il 1920 inizia la costruzione di un moderno stabilimento. Per le dimensioni e l’economia di San Cesario di Lecce il progetto di Nicola De Giorgi ha dimensioni di certo ambiziose; sul finire degli anni venti il Nostro ha ormai compiutamente individuato la “mission” della sua impresa. De Giorgi riesce a raggiungere anche il mercato nazionale e internazionale attraverso il liquore Anisetta, divenuto la specialità della Casa sin dai primi anni di attività; tanto che, nel 1915 chiese e ottenne il Marchio di fabbrica per i prodotti alcolici della sua industria.
La ditta ha suoi rappresentanti nelle maggiori piazze italiane. La fama raggiunta dal liquore Anisetta va di pari passo con i riconoscimenti e la pubblicizzazione del prodotto. A solo 14 anni dalla nascita della ditta, il 20 luglio 1920, Nicola De Giorgi riceve da V. Emanuele III° un autorevole riconoscimento quale il Brevetto della Casa Reale.
La Ditta Nicola De Giorgi ha rappresentato per 90 anni un’industria di prim’ordine a livello regionale e nazionale; da qui l’interesse culturale della comunità locale di “patrimonializzare” (attraverso il recupero della memoria produttiva del piccolo centro) con una meticolosa ricerca sul patrimonio industriale cittadino e, in particolare, sulla storia della distillazione e sulle distillerie presenti sul territorio comunale.
L’attenzione sull’opificio distilleria De Giorgi di esperti di archeologia industriale e della comunità scientifica locale, viene rivolta nel 1997, quando nella distilleria era in attività solo il liquorificio. Tutto parte tra la fine del 1999 e i primi mesi del 2000 quando viene redatto e sottoscritto un Protocollo d’intesa, tra Comune di San Cesario di Lecce, Facoltà di Beni Culturali, CNR-IsCOM (poi IBAM) di Lecce e Casa Editrice Piero Manni, per lo svolgimento di un’attività congiunta su “Archeologia e patrimonio industriale: sviluppo di un’azione di ricerca, valorizzazione e progettazione”. I primi risultati di questa attività congiunta furono: la presentazione del Progetto pilota per la conservazione e valorizzazione del patrimonio archeo-industriale pugliese. Archeologia industriale a San Cesario di Lecce; delle pubblicazioni, mostre e l’inizio di uno studio nell’ambito del Master in Conservazione, Gestione e Valorizzazione del Patrimonio Industriale-Università degli Studi di Padova. Grazie a queste attività di ricerca il sito, nel 2005, venne “dichiarato bene di interesse culturale”.
Nel settembre 2007 il Comune redige un Progetto preliminare per il restauro e la conservazione della distilleria “Casa De Giorgi” da destinarsi a Museo dell’alcol. Dal 2008 a oggi sono continuati i rapporti scientifici con IBAM-CNR di Lecce, con AIPAI e Università degli Studi di Padova; infatti, dal 2002, ogni anno il Comune ospita la Summer school del Master. Con AIPAI nel settembre 2011 viene siglato un Protocollo d’intesa finalizzato alla tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio industriale. La Distilleria il 16 marzo 2011 è stata acquistata dalla Fondazione “Rico Semeraro”. Il 28 settembre 2012 è stata donata al Comune di San Cesario di Lecce con destinazione a fini culturali e sociali.
Dopo aver avviato dei percorsi finalizzati alla conoscenza del patrimonio dell’industria della distillazione a San Cesario di Lecce, per attivare dei processi di patrimonializzazione, mirati alla valorizzazione e fruizione dei beni, è necessario che il “monumento o sito industriale” venga riconosciuto sia dalle comunità e istituzioni locali sia dalle autorità statali che sono opere meritevoli di conservazione, alle quali si possono destinare finanziamenti pubblici per il loro recupero e rifunzionalizzazione, nel pieno rispetto del “monumento” industriale, della sua architettura e, in alcuni casi, del suo “arredo”, come le macchine presenti all’interno.
Dalla patrimonializzazione alla rifunzionalizzazione: da “fabbrica di spirito” a “fabbrica per la cultura”
Maturata l’idea, soprattutto (e non solo) da parte della comunità locale, che tutto il complesso industriale era meritevole di conservazione, si è iniziato a definire a cosa destinarlo considerando la volontà della Fondazione “Rico Semeraro” che ha donato il sito con un preciso intento: quello di destinare gli spazi della distilleria a fini culturali e sociali.
Pertanto, le scelte progettuali sono scaturite da una serie di considerazioni fatte a seguito della conclusione del lavoro di ricerca svolto, finalizzato alla conoscenza, catalogazione e valorizzazione del patrimonio industriale cittadino. Da qui il pensiero di destinare gli ambienti produttivi in spazi dove svolgere attività culturali. La prima idea è stata quella di creare, negli ambienti destinati a liquorificio, un Museo dello spirito (data la natura intrinseca del sito: all’interno si è conservato tutto come se fosse stato l’ultimo giorno di lavoro) che rappresenta una delle tappe di un percorso più ampio che ha l’obiettivo di sensibilizzare il territorio in tema di archeologia industriale e valorizzarlo nel pieno rispetto della sua identità storica, economica e sociale, ossia dal rapporto tra la fabbrica ed il contesto socio-territoriale, dalla conoscenza delle situazioni che hanno sotteso all’insediamento industriale. Il tema del recupero e della rifunzionalizzazione del sito Casa De Giorgi, è stato affrontato prendendo in considerazione i fenomeni relativi alla diffusione delle innovazioni produttive industriali, il loro impatto sul sociale, la conoscenza del bene, così da conseguirne l’inserimento nel patrimonio culturale, salvaguardarlo nei suoi elementi più significativi e riutilizzarlo a fini culturali, museali e turistici.
Una tappa importante e significativa della storia economica e sociale di San Cesario di Lecce è rappresentata dall’industria della distillazione: essa è stata un elemento condizionante la vita materiale e culturale della piccola comunità salentina; non si può perciò pensare ad una storia ed un museo per la città, senza offrire idonei strumenti per lo studio e la conoscenza della storia dell’industria della distillazione e dei rapporti che l’hanno legata allo sviluppo economico e sociale del piccolo centro. Il Museo dello spirito, unico del genere nell’Italia centro-meridionale, oltre a ricostruire un pezzo di storia della città e a rappresentare il mondo complesso e variegato che stava dietro la produzione dell’alcol, vuole ora promuovere il rinnovamento culturale necessario per ridare significato al luogo del lavoro, convertendolo da luogo di produzione di beni materiali a luogo di produzione culturale. Gli altri ambienti, siano essi spazi interni che esterni, sono (quelli già recuperati) stati destinati per lo svolgimento di attività culturali quali mostre, presentazione di libri, spettacoli teatrali, attività di formazione, convegni, photo contest, laboratori urbani, ecc.
Le destinazioni d’uso previste, caratterizzano il ruolo di cardine dei processi di rigenerazione delle funzioni, della qualità della vita, del rilancio socio-economico e turistico di San Cesario di Lecce e dell’intero territorio. Oltre a queste straordinarie caratteristiche, la novità assoluta è che gli ambienti rifunzionalizzati sono stati aperti al pubblico, e non solo durante gli “eventi”, in modo da consentire agli artisti ed agli operatori culturali di interagire in modo efficace e continuo con cittadini e turisti, che così potranno assistere ed essere coinvolti nelle attività sin dal momento del loro prodursi.
Attualmente, tra il 2012 e il 2018, sono stati realizzati tre lotti di lavori che hanno ridato “vita” ad alcuni degli spazi produttivi più significativi dello stabilimento.
Rispettando la volontà dalla Fondazione “Rico Semeraro”, che il sito fosse destinato a “[…] fini culturali e sociali […]”, l’Amministrazione comunale ha fortemente voluto e sostenuto i tre progetti di Rigenerazione urbana, mirati a far convertire, nel pieno rispetto dei luoghi del lavoro e dei suoi peculiari aspetti archeoindustriali, gli spazi da “prodotti alimentari” a “prodotti per la cultura”. Questo sistema integrato di interventi è stato finalizzato alla conservazione e diffusione dei caratteri identitari, per lo sviluppo di nuovi saperi e culture e per la fruizione lenta dei valori ambientali e storici del territorio.
ANTONIO MONTE Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali, Lecce; a.monte@ibam.cnr.it Vice presidente nazionale dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI)